Identità di progettualità

Pietro Bolognesi 27/12/22


Dal Cantico dei cantici 1, 6-8; Giovanni 10, 1-4

Il cantico più bello, supremo che tocca insieme al tema dell’identità quello della relazione tra uomo e donna. Canta la gioia, la bellezza, il piacere dell’amore umano.

1. L'identità affermata, la ragazza di cui parla il testo ha il coraggio di autodefinirsi. Ella non si nasconde, ha piena coscienza di sé, si sente pienamente realizzata e ha una vera identità legata ad una reale vocazione. La donna descritta ha fatto un percorso di elaborazione della sua identità che le permette di comprendere che non è qualcuno perché ha una relazione, lo è a prescindere. È insomma una donna non ossessionata da modelli ideali plasmati dalla cultura del suo tempo. Non pensa che ha dovuto subire la sua storia, invece si dice la verità è l'accetta in quanto il suo vissuto dipende da Qualcuno più grande di lei. In tal senso, è una donna davvero libera. Nel rapporto con il suo amato, lei non soffre di alcun dismorfismo, in quanto non pensa di essere diversa da ciò che realmente è. Saremmo noi in grado di proiettarci in modo così impegnato verso un'altra persona, senza che essa sia risucchiata dal nostro ego?

2. L’Identità incontrata. L'amato non è a disagio perché non c'è alcun rilievo critico. Egli vede l'amata nella sua bellezza, libero dagli schemi dominanti del tempo (v.8: "bella fra le donne"). C'è confronto che attenua l'unilateralità della relazione. Restano due esseri sociali che si incontrano sul terreno della realtà. Sono entrambi impegnati in una relazione piena e ricca.

Da Gv. 10, 1-4

3. L'identità proiettata. Nel capitolo 10 del Vangelo di Giovanni, così come nel primo capitolo del Cantico dei Cantici il verbo "esci", ha una profonda pregnanza teologica. "Uscire" dalle proprie sicurezze per nutrirsi della memoria del popolo di Dio. C'è l'invito a lasciare i legami precedenti per proiettarsi verso l'amato. Dio si presenta come il pastore (Sal. 23) che chiama le sue pecore e le conduce fuori (Gv. 10, 3). L'identità nell'ottica biblica non è nell'introspezione, è nella relazione. Essa è poggiata sull'invito di Dio a guardare il vasto orizzonte del Suo disegno per la vita umana. Lui va davanti e noi lo seguiamo: scegliendo di guardare non solo a noi stessi, alla nostra famiglia, al nostro amato/a, ma a Colui che definisce il nostro itinerario. È questo il Somnium di cui vogliamo nutrirci, che vogliamo coltivare.